mercoledì 18 dicembre 2002

A scuola dai Siciliani

Una tre giorni molto intensa di incontri nelle scuole che mi hanno confermato molte cose, di questo mio servizio alla vita, e soprattutto altre riguardanti direttamente i giovani. Lunedì 9 dicembre incontro al Liceo Ballatore di Mazara del Vallo con 550 studenti presenti dalle 9 del mattino alle 19: pazzi! Compimenti a voi ed ai vostri insegnanti che vi danno possibilità di crescere e maturare che vanno oltre le lezioni in classe. Il mio intervento in questa scuola era all’interno di un convegno dal titolo: “Anthropos. Percorsi sull’uomo: la soglia e il confine”. Titolo del mio intervento: “Cultura di morte e diritto alla vita”. Nel pomeriggio è stato trasmesso il film The Beautiful Mind e poi, verso le 18, domande ai relatori. Chiusura ore 19.15: ed i ragazzi erano tutti lì presenti. Da ammirare, veramente. Da ammirare per il loro impegno, per la presenza attiva come ho potuto notare dalle numerose domande rivolteci. Mi chiedono del diritto a disporre della propria vita e quindi dell’eutanasia e si sentono dire che la vita va vissuta fino in fondo, fino all’ultima pagina del libro. Mi chiedono delle madri che abortiscono, mi suggeriscono di non condannarle ed io che dico loro che non condanniamo nessuno soprattutto perché sappiamo che quando si punta un dito verso l’altra persona, ce ne sono minimo altre tre, di dita, puntate verso di noi. Gli parlo con amore dell’accoglienza che rivolgiamo a tutte le madri, anche a chi ha abortito, e si stupiscono che trasmetto loro tanta dolcezza. Complimenti ragazzi a voi ed al vostro preside ed insegnante.
La sera l’amico Marco Tumbiolo mi guida per le strade di Mazara per conoscere questa città e per sistemarmi un po’ sul porto, godermi il profilo del paese specchiarsi nell’acqua, e ringraziare per la bellissima esperienza che stavo vivendo.
Martedì 10 dicembre, anniversario della dichiarazione dei diritti dell’Uomo, mi reco al Liceo Scientifico Cipolla di Castelvetrano dove dovrei incontrare due classi. Il preside mi accoglie e mi dice che non gli sembrava giusto vietare a tutti i ragazzi di ascoltarmi e quindi mi aveva radunato i 630 alunni nell’aula magna ed erano lì pronti ad attendermi. Prendo il cd musicale, faccio ascoltare gli Articolo 31 e parto con la relazione che potete anche leggere su questo sito. C’è un forte brusio di fondo, ovviamente: come posso pretendere l’assoluto silenzio da 630 alunni radunati assieme? Il tema è anche qui sui diritti umani e quindi sul primo diritto a vivere. Devo dire che un forte momento di commozione, da parte di tutti, c’è stato quando parlo della morte e del senso del morire portando la mia esperienza, ovvero il ricordo di amici che la morte si è preso con sé. Mi dicono che qualche settimana prima in quella scuola una ragazza sedicenne si era tolta la vita: che questo corpo fecondi la terra e dia gioia di vivere a tutti i suoi compagni di scuola, ed a tutti noi che in questo momento state leggendo queste righe o scrivendole con me. Brusio di sottofondo, intervallo e cominciano le domande. Tredici domande. Allora mi ascoltavano sti ragazzi! Sono molto contento di questo perché i ragazzi sono come i bambini: sembrano distratti e disinteressati invece sono li che ti ascoltano: hanno un loro modo di stare attenti. Il difficile, per il relatore, è proseguire nel suo discorso lasciando perdere il brusio fastidioso di sottofondo, fingendo di non sentirlo perché altrimenti, richiedere troppe volte l’attenzione, significherebbe rendersi antipatico. Tante domande tutte per me che mi danno possibilità di approfondire il tema. Io quando parlo di eutanasia dico sempre che una persona deve avere la possibilità di vivere fino all’ultimo giorno perché altrimenti sarebbe come leggere un libro e vedere le ultime pagine strappate, non sapere come andrà a finire. Giuseppe mi dice: e se quel libro non lo si riesce a leggere? Gli rispondo: leggiglielo tu allora, standogli accanto. Interviene anche un professore che contesta il mio attacco alla 194 ma io gli ribadisco i punti deboli della legge e quelli non applicati: mi assicura che nell’assemblea d’istituto del 17 dicembre ’02 porterà anche questa tematica all’ordine del giorno. Un ragazzo “radicale” prende il microfono e mi ricorda che la legge è stata anche scritta per salvare le madri dagli aborti clandestini? Ne sei convinto, gli chiedo? Quanti erano gli aborti clandestini e quanti sono oggi. Gli ricordo che anche io sono favorevole alla libertà di scelta della donna, quando questa è vera libertà perché sono convinto che una madre, quando ha davanti a te tutte le possibilità, tutti gli aiuti, tutta l’accoglienza, solo allora è libera di scegliere e sceglie sempre per la vita. Mi stuzzicano poi sul senso della vita. Dare un senso alla propria vita vuol dire “vivere ogni giorno come se fosse il primo e l’ultimo: con la curiosità del primo e la definitezza dell’ultimo”. Questo dico. Ma è la consapevolezza di chi riconosce la vita dal concepimento che ti fa rispettare, ed amare, l’infinitamente piccolo che si rivive in ogni giornata ed in ogni momento. Dare un senso alla propria vita vuol dire anche non ubriacarsi, non drogarsi, non esagerare, portare il casco in moto perché dobbiamo rispettare noi stessi e gli altri ai quali siamo strettamente collegati. Altre domande ancora in generale, sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ed è molto bella quella di un ragazzo che mio chiede: secondo lei è giusto che il tribunale dei minori a volte porti via i figli dalle madri? Che rispondergli? Certo, il tutto andrebbe trattato caso per caso ma come non dire: non vorrei mai che una madre fosse separata dal proprio figlio, e viceversa.
Il pomeriggio lo passo ospite dei volontari di Castelvetrano che prima mi offrono un ottimo pranzo e poi mi guidano nel visitare la città stessa (meravigliosa!) e la vicina Selinunte, distesa sul mare con tutte le sue ricchezze di avamposto della Magna Grecia.
La sera mi invitano a parlare ad un gruppo di genitori e mi reco verso la chiesa madre. All’ingresso mi ferma un distinto signore e mi dice: l’ho già vista! Rimango basito. Dove? Non si ricorda. Mi presento ed allora mi dice: ho visto la sua foto sul sito del Movimento per la vita. Ho saputo dell’incontro di stasera e  sono andato a vedere il sito e l’ho trovata: che forza questa tecnologia! Una quarantina di genitori si siede ad ascoltarmi e di cosa mi chiedono di parlare? Di morte. Di cultura della morte, di senso del morire, di felicità nel morire come “una festa promessa da tanto tempo e data per premio”. Racconto la mia esperienza, parlo loro del libro di Marie de Hennezel “La morte amica” e leggo loro l’adatto brano di Seneca capitolo XI del De Tranquillitate animi. Ne scaturisce una bellissima serata chiacchierando di morte proprio in quella chiesa madre di Castelvetrano dove sono state scoperte cripte favolose, una anche a forma di coro, dove veniva deposti i cadaveri dei sacerdoti, ed era proprio sotto, in coincidenza col coro dei vivi, per proseguire, idealmente, quella comunione di preghiera. Lugubre ed affascinante assieme.Ci confrontiamo sulla morte e non so se ne veniamo fuori tutti più rasserenati. Io sì. Io lo sono. Mi riportano a Mazara dalla famiglia che mi ospita, e mi sopporta, in tutti questi giorni ed a cena parliamo ancora di Bioetica ma intanto gli svuoto il frigo.
Mercoledì 11 dicembre sono all’Istituto Industriale di Mazara del Vallo e qui mi donano la presenza di duecento ragazzi e di qualche professore. Un siparietto curioso accade quando io, parlando della legge 194 che non considera minimamente l’uomo, invito i ragazzi presenti ad una rivolta: maschietti svegliamoci! Ripeto più volte. Un professore non gradisce il mio termine “maschietti” e se ne esce urlando e sbattendo la porta. Questo crea molta confusione ma provo a riprendere il filo del discorso ed a proseguire. I ragazzi sembrano presenti, a volte assenti, ed io proseguo nel sciorinare tutto quello che ho da dire ed alla fine, dopo il primo imbarazzo, anche qui vengono fuori interessantissime domande. Non mi chiedono solo dell’aborto in caso di violenza sessuale ma anche in caso di handicap. Si creano discussioni tra di loro. I ragazzi si rubano il microfono ed uno di loro si offende quando una compagna si esprime a favore dell’aborto in caso di handicap: tu parli così solo perché non hai un parente handicappato, le urla. E gela un po’ tutti ed anche me per il coraggio di questa affermazione. Mi pongono domande anche sulla fecondazione artificiale ed anche sul fatto di cosa ne pensiamo noi dei figli nati da fecondazione artificiale. Si parla di eutanasia ed anche si sfiora il difficile argomento della verginità e della castità. Poi Gaspare prende il microfono e dice: non sapevo che noi uomini non abbiamo nessun diritto sui nostri figli perciò volevo invitare le ragazze ad essere più responsabili. Poveri cuccioli questi maschietti, e lo dico in modo affettuoso. Mi convinco sempre più che a fianco del nuovo femminismo per la vita ci deve essere un nuovo maschilismo perché ai ragazzi di oggi non va per nulla bene non essere minimamente considerati: ci vuole una ribellione! Quasi tre ore di chiacchierata e poi lascio anche questo liceo mentre molti ragazzi mi fermano ancora, mi salutano, mi ringraziano e so che poi continueranno la loro discussione in classe. La sera incontro, prima di ripartire, i volontari del Cav di Mazara del Vallo e conosco finalmente la mitica Leonarda Narduzza Gallo e così un altro pezzo di storia della nostra associazione può abitare nel mio cuore. Riparto poi per  Palermo adagiandomi stanco sull’auto di Eleonora che gentilmente mi riaccompagna.
CONCLUSIONI
Le giornate siciliane mi hanno veramente lasciato tanto come ricchezza, come emozioni, come volti incontrati e conosciuti. Non so se sono in grado di mettere per iscritto quello che mi porto via sull’aereo con me.

  1. i giovani sono sempre una speranza e mai un problema. Questo l’ho sempre detto ed ancor di più lo ripeto oggi. L’onore che il Movimento per la vita mi fa di rappresentare i giovani pro life italiani è veramente troppo grande ed immeritato per me. Gli oltre mille studenti delle scuole di Mazara e Castelvetrano mi hanno confermato che un futuro migliore è possibile. Ripetutamente mi sono congratulato, e lo rifaccio anche qui volentieri, con i professori, presidi ed anche con gli studenti stessi per la loro preparazione ed attenzione. Al prossimo adulto che mi dirà che ai giovani non gliene frega niente, che sono disinteressati, che non studiano pagherò personalmente il volo di solo andata per Mazara del Vallo e lo inviterò a visitare queste scuole ed a conoscere questi ragazzi. Grazie per tutto quello che mi avete lasciato.
  2. i pruriti degli adulti, ovvero, quando un insegnante od un adulto mi dirà ancora che ai giovani queste tematiche non interessano saprò come rispondergli. Gli adulti, alcuni insegnanti, hanno paura a lasciare che i ragazzi aprano gli occhi su questi argomenti, hanno paura a lasciare che i ragazzi sentano dirsi che l’aborto è un omicidio e che quando si rimane incinta si può anche pensare a qualcosa d’altro che non sia l’aborto. Solo gli adulti ancora sbandierano la 194 come una vittoria civile dei diritti della donna: ai ragazzi di oggi non interessa questo diritto di uccidere i propri figli ma vogliono sapere che cosa veramente si può fare, in caso di gravidanza indesiderata, per salvare la vita del figlio e della madre ed ecco che in campo arriviamo noi!
  3. femminismo per la vita. Concordo, lo ripeto, ci vuole un nuovo femminismo per la vita ovvero che le ragazze si riapproprino della bellezza della maternità e la vivano come una ricchezza e non come un senso di colpa. All’Industriale mi si è presentata una giovane madre, di 17 anni, che ha vinto l’indifferenza e lo sguardo ostile di tutti ed ha tenuto suo figlio ed ora è ancora in quella scuola per finire gli studi ed affrontare la maturità. Ha perso un anno, ok, ma ha un figlio! Vi sembra poco? Quanti ragazzi perdono un anno per motivi anche più banali?
  4. maschilismo per la vita. Mi sto accorgendo sempre più, quando parlo coi ragazzi maschi che non sanno che la 194 non li interpella minimamente se non previo consenso della madre, che questo fatto suscita in loro una ribellione. Sono ancor più convinto quindi che dobbiamo, come giovani pro life, impostare un manifesto sulla 194: generazioni che l’hanno subita e generazioni che non l’hanno votata. Ci siamo anche noi , noi uomini, pronti a ribellarci contro questa ingiusta legge che non ci considera come se tutti i concepimenti avvenissero solo ed esclusivamente per opera dello Spirito Santo. Noto con piacere  che molti ragazzi passano dall’incredulità alla rabbia: credo possa essere questo un terreno fecondo per prendere consensi attorno alla proposta di revisione della 194.
  5. verità. Assetati di verità. Lo siamo noi giovani e lo sono anche e soprattutto gli adolescenti, i ragazzi delle nostre scuole. Siamo tutti ancora assetati di verità. I ragazzi vogliono sentirsi dire che sbagliano, che non mettere il casco è un segno di irresponsabilità, che drogarsi uccide, che l’aborto è un omicidio: rinunciare a questa ruolo di educatori sarebbe delittuoso! I ragazzi hanno bisogno di noi che diciamo loro tutto questo. E quando si dice ai ragazzi la verità loro capiscono che li ami veramente, che non li inganni e quindi si affezionano.
  6. entusiasmo e gioia di vivere. Ricevo spesso lettere dai ragazzi che incontro che mi scrivono: grazie per la gioia di vivere che mi hai trasmesso. Credo che sia una delle cose più belle da sentirsi dire. A volte penso che non interessi molto quello che diciamo la il modo in cui lo diciamo, per assurdo. Cerco di spiegarmi meglio. E’ l’entusiasmo del vivere che trasmettiamo che rende i ragazzi certi che anche quello che diciamo è vero perché si vede che ci crediamo e non siamo tra loro a raccontare soltanto una lezioncina imparata a casa.
  7. la forza dell’esperienza. In uno degli incontri mi hanno chiesto: lei cosa ne pensa di… ecc. ecc. Ho colto la palla al balzo per dire: io non è che penso, porto l’esperienza di 55 mila bambini. Voglio dire: noi non andiamo in giro a filosofeggiare od a raccontare quello che noi pensiamo: noi portiamo la voce di 55 mila bambini salvati. Noi dobbiamo sempre dire che la nostra è una testimonianza perché a noi non viene in tasca nulla. Diciamo che l’aborto uccide due persone perché abbiamo tra di noi tante madri che hanno abortito e che ora svolgono il nostro volontariato, ma che soprattutto ci dicono, con la loro vita, le loro parole, le loro lacrime, quanto sia drammatico abortire. Noi diciamo che la vita è la scelta migliore sempre perché sappiamo che è la scelta che non si rimpiange mai. Quando la mettiamo sul piano della testimonianza e non della bella discussione accademica, noto sempre che i ragazzi la accolgono più facilmente.


Come sempre devo anche oggi confermare che è vero che ti giochi in prima persona nel volontariato ma quanto è vero che in prima persona ricevi indietro 1400 volte tanto quello che hai dato. Parti sempre con l’intenzione di dare chissà che cosa ma perché poi la valigia al ritorno sempre più pesante, sempre più ricca?

Amare i giovani

Ho provato sempre e solo a fare questo…. Il resto viene da solo


Giorgio Gibertini

domenica 10 novembre 2002

Social Forum: che cosa si sono detti?

Ora che la massa di gente se ne è andata, tranquillamente o quasi, da Firenze dopo essersi radunata per il Social Forum Europeo che cosa è rimasto?
Un paio di slogan contro la guerra, lo sventolìo di migliaia di bandierine col volto di Che Guevara e con la falce ed il martello, profumo di cannabis per le strade della città, le invettive di Oriana Fallaci che “dicono aver visto fare la spesa la mattina”, il cappellino beige di Cofferati che, da quando lavora alla Pirelli (!!!) trova anche il tempo di seguire il Movimento no Global, uno strato di cartacce per terra intervellate da bottigliette di plastica (accipicchia, hanno inquadrato anche una lattina di Coca Cola ma un vero no global può bere Coca Cola?), il trionfalismo del Sindaco di Firenze perché la manifestazione si è svolta in modo non violento e poi?

lunedì 18 febbraio 2002

Inutile la tua vita?

Inutile la tua vita? 
Sei nato a mezzogiorno, di un venerdì. Senza grandi clamori, alla svelta, senza farmi soffrire troppo. Avevi gli occhi chiusi, la lingua penzoloni. Ti guardai e pensai: - com’è brutto! – ma non ebbi il coraggio di dirlo e dissi: - com’è piccino! 
Le cose, col tempo, non miglioravano. Tutti sapevano, intorno a noi, meno tuo padre ed io. Ci mandarono da un medico famoso. Quando tornai a casa, ti rimisi nella tua culla, ti guardai e pregai: “Signore, Dio dà, Dio toglie: riprenditelo ora. A che serve la sua vita inutile?”. Perdonami, figlio mio.
Ti chiesi perdono allora, subito, e ti chiedo perdono ora. Inutile la tua vita?