mercoledì 23 maggio 2007

Conferenza nazionale della famiglia

CONFERENZA NAZIONALE DELLA FAMIGLIA
(Firenze, 24-26 maggio 2007)
NOTA DEL MOVIMENTO PER LA VITA ITALIANO
1) L’aborto: una tragedia familiare
La politica familiare non può dimenticare il dramma dell’aborto.
Si tratta, infatti, di una questione familiare: comunque lo si voglia considerare l’aborto riguarda un figlio privato della vita, una maternità interrotta, una paternità negata. Madre, padre, figlio: sono nomi che identificano rapporti familiari. Si aggiunga che i dati ufficiali comunicati ogni anno dal Ministero della Salute ai sensi dell’art. 16 L. 194/78 qualificano l’aborto italiano come aborto prevalentemente familiare, anche in senso più specifico, perché effettuato da donne coniugate non separate e non divorziate.
Negli ultimi mesi il dibattito si è concentrato sui diritti dei conviventi. Ebbene, chi è più “convivente” del nascituro che cresce nel seno della madre? Con lei ed in lei egli vive, respira, mangia, dorme. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora. Non è una compagnia occasionale. E´la “convivenza” più intensa che si possa immaginare. Come ignorare i diritti del piccolo “ convivente“ ?
La strategia di contenimento del “dramma” è affidata prevalentemente dalla legge 194/78 ai Consultori familiari. Vi è dunque, anche formalmente, il riconoscimento della “familiarità” del problema.
4.603.525: questa è la cifra della tragedia, che è largamente inferiore alla realtà perché conta soltanto gli aborti volontari legali compiuti tra il 5 giugno 1978 (data di entrata in vigore della legge 194/78) e il 31 dicembre 2005 (ultimo giorno entro il quale si conoscono i dati ufficiali forniti ogni anno dal Ministro della Salute). Non entrano nel calcolo gli aborti illegali “tradizionali”, quelli nuovi, precocissimi, causati dalla “pillola del giorno dopo”, quelli avvenuti legalmente dopo il 31/12/2005.
Quale che sia il giudizio sulla legge 194/78 la tragedia resta tale. Essa non riguarda la Sanità, ma, in primo luogo la famiglia: le cifre sono tali che non consentono di immaginare situazioni sanitarie reali da affrontare con trattamenti terapeutici. L’esperienza del volontariato, che ponendosi accanto alle madri contribuisce a salvarne i figli, dimostra che è possibile contenere il fenomeno dell’aborto con modalità che hanno poco di sanitario e molto di sociale e di familiare.
2) La politica per la famiglia include la politica per la vita.
Se l’aborto è una tragedia familiare, lo studio, la programmazione, la realizzazione di politiche familiari non possono ignorarla. Il Ministero della Famiglia deve prenderla in carica.
Una politica per la vita deve essere elaborata qui ed ora e cioé valutando le possibilità reali, i cambiamenti culturali, la situazione politica.
Gli elementi da tener presenti sono:
a) il principio di “preferenza per la nascita” è largamente condiviso. Anche chi pensa alla IVG come “scelta” non nega che “scelta” preferibile sia la prosecuzione della gravidanza.
b) È egualmente assai diffusa la preoccupazione per un crollo della natalità, le cui conseguenze di carattere economico-sociale, sono percepite da quasi tutti.
c) La progressiva “privatizzazione” dell’aborto, favorita dal diffondersi dei preparati chimici fa dipendere sempre più fortemente la protezione della vita concepita dalla mente e dal cuore della madre.
d) È opinione maggioritaria che la legge 194/78 è stata malamente o insufficientemente attuata nella sua parte c.d. “preventiva”.
e) Non è contestabile, che la rete dei Centri di Aiuto alla Vita (CAV), dei Servizi di Aiuto alla Vita (SAV), delle Case di Accoglienza, realizzata attraverso strutture di volontariato, abbia contribuito efficacemente a liberare una notevole quantità di madri da una situazione avvertita come determinante della “necessità di abortire”.
f) Vi è stato un mutamento nella sensibilità giuridica riguardo alla vita nascente. La sentenza costituzionale n. 35 del 10 febbraio 1997 ha indicato con grande chiarezza l’obbligo di interpretare l’art. 1 della legge 194/78 come volto a tutelare il diritto alla vita del nascituro fin dal concepimento e il sistema degli artt. 4, 5, 6 e 7 della medesima legge come obbligante ad un giudizio di bilanciamento degli opposti interessi che deve salvaguardare, per quanto possibile, la vita del figlio. Di grande importanza è anche l’approvazione della L. 19/2/2004 n. 40 sulla procreazione medicalmente assistita. La diversità della situazione della gravidanza difficile o indesiderata e di quella in cui un figlio viene, invece, fortemente desiderato in una condizione di sterilità o infertilità di una coppia non consente meccanici trasferimenti di regole dalla legge 40/04 alla legge 194/78. Tuttavia il riconoscimento di diritti al soggetto concepito, contenuto nell’art. 1 della legge 40/04 e declinato negli articoli seguenti, dispiega una evidente forza interpretativa anche nella lettura della L. 194/78.
g) Di recente il fatto, per vero non nuovo, che a seguito di un aborto alla 24a settimana di gestazione sia nato un bimbo sopravvissuto per 4 giorni, ha riproposto il tema della interpretazione dell’art. 7 della legge 194/78, anche in riferimento al progresso della neonatologia. Più in generale è stato oggetto di discussione l’aborto c.d. “terapeutico”, sia con riferimento all’età gestazionale sia riguardo alle condizioni della sua legalità
Sulla base di questi elementi sembra concretamente avviabile una nuova politica di difesa del diritto alla vita attraverso azioni: a) di solidarietà e condivisione verso le maternità difficili e indesiderate; b) di educazione al riconoscimento, alla responsabilità, al rispetto della vita umana; c) di correzione della gestione della legge 194/78.
Affinché questi obiettivi non restino teorici è necessario precisare:
a) le misure di carattere economico-sociale non possono essere soltanto quelle generali, pur necessarie, come la equità fiscale, le provvidenze abitative per le giovani coppie, l’adeguamento dei tempi di lavoro ai tempi della famiglia e simili. Occorrono anche misure che consentano interventi di solidarietà specifici di fronte al rischio di aborto. In questo la valorizzazione del volontariato si rivela assai utile.
b) L’educazione al rispetto della vita investe non solo la scuola ma anche il mondo dei media.
c) Una corretta applicazione della c.d. “parte preventiva” della L. 194 esige non solo attenzioni amministrative, ma anche l’introduzione di misure legislative sia di interpretazione autentica, sia di garanzia per evitare il tradimento della volontà legale. La possibilità più concreta di un intervento legislativo, che non tocchi la depenalizzazione attuata dalla legge 194/78 (ciò che sarebbe ancora oggetto di insuperabili polemiche) è la riforma dei consultori familiari che proprio la legge ha considerato strumenti centrali nella prevenzione dell’aborto.
3) Proposte immediate
Il Movimento Per la Vita Italiano si riconosce in tutte le richieste del Forum delle Associazioni Familiari, di cui fa parte, che convintamene sostiene. È peraltro nostro specifico compito insistere particolarmente sul primo punto del documento presentato dal Forum. In particolare chiediamo al Governo, ai singoli Ministri, al Parlamento:
a) la riforma dei consultori familiari. La legge del 1975 è ormai obsoleta. Il Forum ha già elaborato una complessiva proposta redatta in articoli. Ne va avviata la discussione per giungere ad una rapida approvazione. In particolare, riguardo alla IVG, la riforma deve attuare il principio che “ lo Stato che rinuncia a vietare non rinuncia a difendere”. In altri termini i Consultori devono essere pensati come strumento univocamente alternativo all’aborto, non come luogo di autorizzazione all’aborto. Conseguentemente ne devono essere modificate la composizione e la metodologia di intervento. Una adeguata normativa deve prevedere la verifica dei risultati e regolare i rapporti con il volontariato.
b) Indipendentemente dalla riforma consultoriale apposite linee guida possono pretendere almeno che il colloquio consultoriale sia succintamente verbalizzato, in forme rispettose della privacy, in modo da far chiaramente emergere le cause denunciate come capaci di orientare all’aborto, le azioni compiute per rimuoverle, l’esisto finale del colloquio. La documentazione e la certificazione costituenti titolo per l’esecuzione dell’intervento dovrebbero indicare la causa del medesimo come dichiarato dalla donna. La annuale relazione ministeriale dovrebbe riferire anche circa le cause delle IVG effettuate e circa gli aborti evitati attraverso l’intervento consultoriale.
c) Forse una circolare può essere sufficiente (ove non lo fosse occorrerebbe una legge) ad evitare l’IVG (salvo il pericolo per la vita della madre) oltre la 20° settimana di gestazione. In ogni caso dovrebbe essere reso obbligatorio il riscontro diagnostico nel caso di aborto motivato da anomalie o malformazioni del feto. I risultati del riscontro dovrebbero essere resi noti nella annuale relazione di cui all’art. 16 L. 194/78.
d) La annuale relazione del Ministro della Salute, dovrebbe cambiare impostazione: non più una minuziosa analisi statistica dei morti, (gli aborti), ma un resoconto sui vivi, cioè sui casi in cui i figli sono stati strappati alla morte dalla solidarietà pubblica e privata.
Presidenza Nazionale del Movimento per la Vita Italiano

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