martedì 25 ottobre 2011

Chi parla dell'importanza della Scuola Cattolica


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Un argomento poco evidenziato della Prolusione del Cardinale Bagnasco è stato quello riguardante la scuola cattolica eppure il Presidente della Cei ne ha parlato, in quel discorso, al capitolo 12 con parole di affetto verso gli studenti (“all’inizio del nuovo anno scolastico, desideriamo rivolgere un augurio sentito ai giovani che si accingono a compiere questo ulteriore tragitto della loro crescita.”) e moniti precisi alla classe politica ed amministrativa: “Alla classe politica e amministrativa chiediamo di dare
ragione della centralità della scuola, con lucidità e lungimiranza, adottando decisioni di equità e di giustizia rispetto a tutte le esperienze proficuamente attive, dalla scuola materna all’università, valorizzando anche il patrimonio della scuola cattolica e sostenendo il diritto dei genitori di scegliere l’educazione per i propri figli. Senza considerare che ogni volta che  una scuola paritaria è costretta a chiudere, ne deriva un aggravio economico per lo Stato e una ferita per la scuola nel suo insieme.”
L’ultima frase, quella sul fatto che la chiusura di una scuola paritaria comporti un aggravio economico per lo Stato, potrebbe anche sembrare una boutade ma è singolare notare come questo concetto sia stato evidenziato, qualche giorno prima, anche da Vittorio Feltri (non certo un uomo di chiesa!) in un suo editoriale-lettera aperta al neo Segretario del PDL Angelino Alfano.
Scrive Feltri il 16 settembre:
Caro onorevole Angelino Alfano, scrivo a lei perché è il capo del Pdl, il partito cardine della coalizione di governo, inoltre perché è nota la sua forma­zione e educazione cattolica. Penso quindi sia sensibile al problema che intendo sotto­porle. Si tratta degli asili che, come saprà, nacquero in Lombardia (…) su iniziativa dei preti, che a me sono antipatici (…) ma ai quali bisogna pur riconoscere molti meriti, soprattutto quello di fare ciò che lo Stato non sa fare a sostegno della fami­glia. Ora gli asili li chiamano in modo diverso: scuola materna o d’infanzia; ma la loro funzione è sempre la stessa. L’unica novità sostanziale è che l’esperimento lombardo, avendo avuto successo negli anni, è stato esteso all’Italia intera: l’educazione dei bambini dai 3 ai 6 anni è entrata nella routine e nella tradizione. E non vi provvedono più soltanto i re­ligiosi (i privati in genere) ma anche lo Stato. Il quale gestisce il 43 per cento circa degli ex asili. Pochi comunque in confronto a quelli affidati alle associazioni cattoliche, il 57 per cento. È proprio di questo, caro onorevole, che desidero parlarle. Deve sapere che, a grandi linee, un bambino iscritto alla materna pubblica costa all’amministrazione statale circa 6.000 euro l’anno. Mentre fino a un anno fa un bambino accolto in una struttura privata comportava per la medesima amministrazione l'irrisoria spesa di circa 500 euro l’anno, versati sotto forma di contributo. Fatti due conti, la gestione privata costava un dodicesimo rispetto a quella pubblica.
Ecco che Feltri ha quindi “spiegato” quello che ha scritto il Cardinale Bagnasco. Continua poi così il direttore del Giornale spingendosi oltre con una proposta che se fosse venuta da un qualsiasi esponente della Chiesa Cattolica, pur da un semplice insegnante di religione, sarebbe stato tacciato di ingerenza pontificia!
Perché una simile sproporzione a parità di servizi erogati? Semplice. Lo Stato paga a piè di lista ogni spesa: personale dipendente, materiale didattico, manutenzione degli stabili eccetera. Mentre i preti e i loro collaboratori sono oculati e parsimoniosi per forza di cose: puntano sul volontariato (ad esempio per le pulizie e le riparazioni), sui lasciti, sulle generose elargizioni di cittadini e parrocchiani. L’onere principale è co­stituito dagli stipendi alle maestre. Ecco giustificata la differenza enorme che si riscontra tra i bilanci del pubblico e quelli del privato. Anche un allocco comprende: allo Stato non conviene gestire direttamente la scuola materna; ha tutto l’interesse a delegare il delicato e fondamentale compito alle associazioni religiose o parareligiose.”
Discorsi chiari, verità lampanti con le quali è possibile un ponte di incontro tra tutte le persone di buona volontà.

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